Con la sola argilla
I figuli di Gravina , da immemore tempo non sono stati secondi a nessuno e si sono tramandati di generazione in generazione, da padre in figlio questa affascinante arte. La produzione di vasellame ha continuato per millenni a dare i suoi frutti. Avvicinandoci ai nostri tempi, tra il '600 e il '700, esistevano ancora moltissime fornaci ubicate nei dintorni delle città e nelle grotte disseminate nella zona di " S. Vito Vecchio". L'instancabile viaggiatore Pacichelli, nel 1702, definiva "vasi celebri" quelli prodotti a Gravina. Un secolo più tardi, il Tedesco esaltava Gravina, "tra le terre argillose per la formazione di vasellame". Dalla metà dell'800 la produzione industriale inizia a decretare la chiusura di alcuni centri ceramici di antica tradizione.
I figuli locali accusarono il colpo, ma non demordono, tanto da mantenere vertici di alto virtuosismo sino alla prima decade della seconda metà del secolo appena trascorso. Ninì Simeone, autore, tra l'altro di un apprezzato libro di poesie in vernacolo gravinese dove trovasi anche una dedicata a Le cole cole, ricorda con piacere gli anni '50 il giocare e nello stesso tempo lavorare l'argilla grezza.
Dopo gli anni '50, per i figuli la sorte è segnata se nel 1981, un ignoto cronista scriveva : Andando per via fornaci, non è più possibile ammirare esposte ad asciugare, ben allineate in lunghe fila, le tegole, che costruivano i caratteristici tetti delle case di prima. E' cessata la produzione di anfore, quartare e piatti rustici. V'è solo un vasaio, che produce, in numero limitato, le variopinte "cola cola".
Quindi, dalla produzione di anfore, vasi, piatti ecc., si salva, dagli anni '80 sino ad oggi, solo la produzione di cola cola E pensare che la fabbricazione dei fischietti rappresentava per i vasai una attività accessoria, un modo di utilizzare i "tempi morti", cioè quando dovevano stare per ore a sorvegliare il fuoco durante la cottura di vasi. Vi erano, poi, anche capifamiglia che pur avendo un diverso lavoro, per arrotondare i miseri salari modellavano i cola cola. Tra questi, la famiglia Loglisci: Vincenzo (classe 1857), pur realizzando quelli che diventeranno gli apprezzati manufatti sonori di terracotta, era guardiano in una masseria, suo figlio Giuseppe (classe 1890), modellava i famosi fischietti ma era imbianchino, imbianchini erano anche i suoi due figli Vincenzo (classe 1928) e Beniamino (classe 1930). I due fratelli insieme ai suoi nipoti Michele e Marco, ancora oggi, solo loro a Gravina, con esclusiva modellatura a mano libera e solo grazie alla professionalità, al sacrificio e alla abnegazione continuano a far sopravvivere i cola-cola alle leggi del mercato, sono emigrati per lavoro per un buon periodo anche in Germania. Al loro ritorno a Gravina i due figuli-imbianchini, per arrotondare la magra paga suonavano rispettivamente , il primo la chitarra e il secondo il violino, durante feste, serenate e matrimoni. Per realizzare i conosciuti fischietti gravinesi il tempo di lavorazione è lungo, identico da millenni, e mai ben remunerato. Il luogo in cui questi artigiani, vivono, forgiano e cuociono è una stupenda ala del convento di S. Maria delle Domenicane. Un angolo incantevole che trovasi sul ciglio della grava e di fronte alla Porta maggiore della Basilica-Concattedrale. L'argilla, che il nostro Creatore adoperò per plasmare padre Adamo, prelevata dai dintorni della città, specie dalla zona del "Pendino", viene ridotta in piccole zolle, essiccata e polverizzata con un grosso maglio. Poi, depurata da corpi estranei viene tenuta stabilmente umida per alcuni giorni e poi impastata. Per ogni fischietto da realizzare vengono preparate tre pagnottine di argilla. Dopo averle accuratamente lavorate le pagnottine vengono trasformate dalle abili ed esperte mani dell'artigiano in tre campane. Le tre forme, tutte cave, attraversano pressioni e tensioni delle dita sull'impasto diventeranno, la prima la base e l'impugnatura dell'opera, la seconda un semiovale, dopo essere stata lavorata anche con una stecca di legno piatta e sottile esibirà, al posto dell'apice della campana una imboccatura simile al flauto dando vita al canale di insufflazione, e la terza dove l'apice della campana, viene modellata a testa di un pennuto con occhi, cresta e barbigli. I due semiovali, saranno saldati tra loro dalla parte circolare con acqua e argilla in modo tale da formare un elissoide che risulterà il corpo del volatile ed una camera d'aria. Quindi, con un legnetto tondo e appuntito, nella parte anteriore destra ( per chi vede il fischietto dalla coda) alla figura zoomorfa viene praticato un piccolo foro (per la fuoriuscita del suono). Appena terminate queste operazioni, il lavoratore d'argilla con magica abilità prende tra le mani il cola-cola, insuffla aria dall'imboccatura e come d'incanto esce fuori già il tipico suono! Dopo averlo poggiato e saldato sempre con acqua e argilla sulla prima "campana", modellandola per dare vita al secondo fischietto e così via di seguito. E' preferibile lavorare nel periodo primaverile, in quando con clima caldo e asciutto bastano circa dieci giorni per i tempi di essiccazione, che passerebbero ad oltre quindici giorni nel periodo invernale. Importante è anche dove posizionare il manufatto; ora questi è vulnerabile alle correnti d'aria e ai cambiamenti climatici. Man mano che indurisce, diventerà sempre meno attaccabile. Poi occorre sottoporre tutti i manufatti essiccati all'azione del fuoco che indurirà l'impasto, lo fisserà e in base all'azione chimica ne cambierà il colore. La piccola fornace dei fratelli Loglisci, costruita dagli stessi è del tipo verticale, costruita con mattoni d'argilla refrattaria, composta da una camera di di combustione e da una camera di cottura divise da un piano forato. La bocca di accesso per caricare i fischietti è in alto, in parallelo al piano forato. Dopo che i fischietti vengono tutti accatastati nella camera di cottura, la bocca di accesso viene chiusa realizzando una cupola rudimentale fatta con coppi di argilla sulla quale si lascia un foro per controllo cottura. Come combustibile i Loglisci usavano la paglia, sottoprodotto della diffusa coltivazione cerealicola, tanto che Gravina era conosciuta come uno dei granai di Puglia. Da qualche tempo la legna ha preso posto della paglia. I tempi di cottura variano dalle 9 alle 11 ore; anche questa fase richiede moltissima esperienza. La cottura è controllata ad occhio ed una valutazione errata danneggia irreversibilmente tutto il lavoro fino ad ora descritto. Anche il raffreddamento risulta essere una fase molto delicata. I manufatti devono perdere calore molto lentamente e quindi bisogna essere attenti e prudenti. Una mossa azzardata, una eventuale corrente d'aria può portare a numerose rotture. Trascorso un giorno dalla cottura si pulisce, pian piano la camera di combustione, si tolgono i coppi dall'alto, e si prelevano dalla camera di cottura uno ad uno tutti i pezzi. Questi, vengono attentamente osservati uno per uno. Quelli che presentano rotture o macrofilature vengono irrimediabilmente scartati. Si passa poi al lavaggio in un secchio d'acqua in modo da essere liberato dalla fuliggine e successivamente levigato con carta vetrata. Ora i fischietti sono pronti per essere colorati. Dapprima vengono dipinti di colore bianco, miscela ottenuto nei tempi che furono da sostanze vegetali ora da un misto di calce, acqua e colla. Dopo che i fischietti si presentano interamente bianchi, tranne nella parte della coda-sonoro lasciata al suo colore naturale, ed asciutti, si passa alla colorazione a freddo con pennello. Non ci è stato svelato il tipo di colore e il fissativo. Ma i pennelli sono costruiti artigianalmente dagli stessi fratelli, utilizzando peli di cinghiale. Le strisce policrome sul fondo bianco sono di colore rosso,blu,verde e giallo e vengono adagiate a strisce parallele tra loro parte ellittica del fischietto partendo dalla testa e giungendo sino ai pressi della coda, lasciando quest'ultima sempre al colore naturale. Sono questi i colori che si identificano con i colori della terra in primavera.
Poiché per secoli, i colori base dei due fischietti zoomorfi sono sempre rimasti immutati, proviamo ora, in breve a scoprire ciò che questi colori possono svelarci.
Anche gli stessi colori, come tutti i simboli hanno valenze sia positive che negative. Ma se i colori si adagiano su un fondo bianco (come sui fischietti), gli stessi colori tendono ad esaltare i loro significati positivi. Ricordiamo infatti, che il colore bianco è il colore che rappresenta l'eccellenza della luce, ma non simboleggia l'azione. Infatti, il bianco è legato alla luce e al colore del sole non a quella del fuoco che invece rappresenta la volontà di agire da parte dell'uomo.
Pertanto le strisce rosse, le creste e i barbigli vermigli presenti sulle due figure zoomorfe locali in tale contesto sottolineano slancio, forza di volontà e forza vitale. In termini temporali, il colore rosso è presente.Il rosso è complementare al verde e le strisce verdi sono indicatori della conservazione e della difesa. Il verde esprime fermezza e costanza; è il colore della natura, del rinnovamento e della fertilità.
Il giallo, invece, simboleggia il sole e la spiritualità. E' il colore che indirizza al futuro tentando di liberare i problemi e la contrarietà. Oltre alle strisce, viene utilizzato per dipingere il becco dei fischietti locali. Ed in ultimo il blu, colore della calma e della riflessione che esprime il senso di appartenenza e di fedeltà. Oltre alle strisce, viene utilizzato per dipingere gli occhi dei fischietti.
Ben distribuiti sui bianchi corpi del corvo e del gallo questi colori rinsaldano un armonioso equilibrio ed evidenziano ancora oggi quell'antica funzione magico-protettiva attribuita ai due fischietti, prima di diventare un giocattolo della cultura contadina, o pegno amoroso.
Il suono prodotto allontana gli spiriti malvagi e le forze negative ed è di buon presagio perché come il figulo, anno dopo anno, rigenera questi due fischietti bitonali con la sua ottima perizia, così il lavoratore della terra spera nella rinascita di questa affinché porti copiosi frutti. Ed infine, sul suono generato dal cola cola ho chiesto e ottenuto dal concittadino maestro di musica Angelo Squicciarino, alcuni suoi appunti sull'argomento che fedelmente trascrivo. Il valente maestro, tra l'altro, così elabora e propone :
Attraverso una mia indagine sul territorio in cui vivo ho potuto conoscere centinaia di cola-cola e la mia curiosità mi ha spinto oltre, approfondendo la sua parte sonora, costruita da mani esperte, ma una diversa dall'altra perché prodotta manualmente con materiale povero del territorio, e quindi l'importanza che questo fischietto, attraverso piccoli fori suonasse. Con la sua forma conica allungata (ispirandosi ad un uccello della zona) è stato costruito sempre allo stesso modo con un foro laterale, foro per il soffio frontale ed uno superiore per la fuoriuscita di aria e suono.
La cola-cola ha un suono ovattato, gradevole all'orecchio, assomiglia molto ad un richiamo, insomma unico tra centinaia di fischietti e strumenti della zona. Posso affermare che un cola-cola con una cassa di risonanza dalla circonferenza esterna di un diametro di cm. 8 ed una lunghezza di 16/17 centimetri produce un suono ben intonato dall'accordatore risultando DO simile alla frequenza del DO centrale di un pianoforte. Quindi se si costruissero con misure calibrate di un centimetro in più sia in diametro che in lunghezza, si otterrebbero dei semitoni cromatici ( la cosiddetta scala dei semitoni). Questo strumento si potrebbe perfezionare, senza però perdere la sua originalità e senza cambiare il suo aspetto particolare, con fori laterali da poter eseguire canzonette e tarantelle della nostra città, come i nostri pastori suonavano i flautini fatti di canna...
I figuli locali accusarono il colpo, ma non demordono, tanto da mantenere vertici di alto virtuosismo sino alla prima decade della seconda metà del secolo appena trascorso. Ninì Simeone, autore, tra l'altro di un apprezzato libro di poesie in vernacolo gravinese dove trovasi anche una dedicata a Le cole cole, ricorda con piacere gli anni '50 il giocare e nello stesso tempo lavorare l'argilla grezza.
Dopo gli anni '50, per i figuli la sorte è segnata se nel 1981, un ignoto cronista scriveva : Andando per via fornaci, non è più possibile ammirare esposte ad asciugare, ben allineate in lunghe fila, le tegole, che costruivano i caratteristici tetti delle case di prima. E' cessata la produzione di anfore, quartare e piatti rustici. V'è solo un vasaio, che produce, in numero limitato, le variopinte "cola cola".
Quindi, dalla produzione di anfore, vasi, piatti ecc., si salva, dagli anni '80 sino ad oggi, solo la produzione di cola cola E pensare che la fabbricazione dei fischietti rappresentava per i vasai una attività accessoria, un modo di utilizzare i "tempi morti", cioè quando dovevano stare per ore a sorvegliare il fuoco durante la cottura di vasi. Vi erano, poi, anche capifamiglia che pur avendo un diverso lavoro, per arrotondare i miseri salari modellavano i cola cola. Tra questi, la famiglia Loglisci: Vincenzo (classe 1857), pur realizzando quelli che diventeranno gli apprezzati manufatti sonori di terracotta, era guardiano in una masseria, suo figlio Giuseppe (classe 1890), modellava i famosi fischietti ma era imbianchino, imbianchini erano anche i suoi due figli Vincenzo (classe 1928) e Beniamino (classe 1930). I due fratelli insieme ai suoi nipoti Michele e Marco, ancora oggi, solo loro a Gravina, con esclusiva modellatura a mano libera e solo grazie alla professionalità, al sacrificio e alla abnegazione continuano a far sopravvivere i cola-cola alle leggi del mercato, sono emigrati per lavoro per un buon periodo anche in Germania. Al loro ritorno a Gravina i due figuli-imbianchini, per arrotondare la magra paga suonavano rispettivamente , il primo la chitarra e il secondo il violino, durante feste, serenate e matrimoni. Per realizzare i conosciuti fischietti gravinesi il tempo di lavorazione è lungo, identico da millenni, e mai ben remunerato. Il luogo in cui questi artigiani, vivono, forgiano e cuociono è una stupenda ala del convento di S. Maria delle Domenicane. Un angolo incantevole che trovasi sul ciglio della grava e di fronte alla Porta maggiore della Basilica-Concattedrale. L'argilla, che il nostro Creatore adoperò per plasmare padre Adamo, prelevata dai dintorni della città, specie dalla zona del "Pendino", viene ridotta in piccole zolle, essiccata e polverizzata con un grosso maglio. Poi, depurata da corpi estranei viene tenuta stabilmente umida per alcuni giorni e poi impastata. Per ogni fischietto da realizzare vengono preparate tre pagnottine di argilla. Dopo averle accuratamente lavorate le pagnottine vengono trasformate dalle abili ed esperte mani dell'artigiano in tre campane. Le tre forme, tutte cave, attraversano pressioni e tensioni delle dita sull'impasto diventeranno, la prima la base e l'impugnatura dell'opera, la seconda un semiovale, dopo essere stata lavorata anche con una stecca di legno piatta e sottile esibirà, al posto dell'apice della campana una imboccatura simile al flauto dando vita al canale di insufflazione, e la terza dove l'apice della campana, viene modellata a testa di un pennuto con occhi, cresta e barbigli. I due semiovali, saranno saldati tra loro dalla parte circolare con acqua e argilla in modo tale da formare un elissoide che risulterà il corpo del volatile ed una camera d'aria. Quindi, con un legnetto tondo e appuntito, nella parte anteriore destra ( per chi vede il fischietto dalla coda) alla figura zoomorfa viene praticato un piccolo foro (per la fuoriuscita del suono). Appena terminate queste operazioni, il lavoratore d'argilla con magica abilità prende tra le mani il cola-cola, insuffla aria dall'imboccatura e come d'incanto esce fuori già il tipico suono! Dopo averlo poggiato e saldato sempre con acqua e argilla sulla prima "campana", modellandola per dare vita al secondo fischietto e così via di seguito. E' preferibile lavorare nel periodo primaverile, in quando con clima caldo e asciutto bastano circa dieci giorni per i tempi di essiccazione, che passerebbero ad oltre quindici giorni nel periodo invernale. Importante è anche dove posizionare il manufatto; ora questi è vulnerabile alle correnti d'aria e ai cambiamenti climatici. Man mano che indurisce, diventerà sempre meno attaccabile. Poi occorre sottoporre tutti i manufatti essiccati all'azione del fuoco che indurirà l'impasto, lo fisserà e in base all'azione chimica ne cambierà il colore. La piccola fornace dei fratelli Loglisci, costruita dagli stessi è del tipo verticale, costruita con mattoni d'argilla refrattaria, composta da una camera di di combustione e da una camera di cottura divise da un piano forato. La bocca di accesso per caricare i fischietti è in alto, in parallelo al piano forato. Dopo che i fischietti vengono tutti accatastati nella camera di cottura, la bocca di accesso viene chiusa realizzando una cupola rudimentale fatta con coppi di argilla sulla quale si lascia un foro per controllo cottura. Come combustibile i Loglisci usavano la paglia, sottoprodotto della diffusa coltivazione cerealicola, tanto che Gravina era conosciuta come uno dei granai di Puglia. Da qualche tempo la legna ha preso posto della paglia. I tempi di cottura variano dalle 9 alle 11 ore; anche questa fase richiede moltissima esperienza. La cottura è controllata ad occhio ed una valutazione errata danneggia irreversibilmente tutto il lavoro fino ad ora descritto. Anche il raffreddamento risulta essere una fase molto delicata. I manufatti devono perdere calore molto lentamente e quindi bisogna essere attenti e prudenti. Una mossa azzardata, una eventuale corrente d'aria può portare a numerose rotture. Trascorso un giorno dalla cottura si pulisce, pian piano la camera di combustione, si tolgono i coppi dall'alto, e si prelevano dalla camera di cottura uno ad uno tutti i pezzi. Questi, vengono attentamente osservati uno per uno. Quelli che presentano rotture o macrofilature vengono irrimediabilmente scartati. Si passa poi al lavaggio in un secchio d'acqua in modo da essere liberato dalla fuliggine e successivamente levigato con carta vetrata. Ora i fischietti sono pronti per essere colorati. Dapprima vengono dipinti di colore bianco, miscela ottenuto nei tempi che furono da sostanze vegetali ora da un misto di calce, acqua e colla. Dopo che i fischietti si presentano interamente bianchi, tranne nella parte della coda-sonoro lasciata al suo colore naturale, ed asciutti, si passa alla colorazione a freddo con pennello. Non ci è stato svelato il tipo di colore e il fissativo. Ma i pennelli sono costruiti artigianalmente dagli stessi fratelli, utilizzando peli di cinghiale. Le strisce policrome sul fondo bianco sono di colore rosso,blu,verde e giallo e vengono adagiate a strisce parallele tra loro parte ellittica del fischietto partendo dalla testa e giungendo sino ai pressi della coda, lasciando quest'ultima sempre al colore naturale. Sono questi i colori che si identificano con i colori della terra in primavera.
Poiché per secoli, i colori base dei due fischietti zoomorfi sono sempre rimasti immutati, proviamo ora, in breve a scoprire ciò che questi colori possono svelarci.
Anche gli stessi colori, come tutti i simboli hanno valenze sia positive che negative. Ma se i colori si adagiano su un fondo bianco (come sui fischietti), gli stessi colori tendono ad esaltare i loro significati positivi. Ricordiamo infatti, che il colore bianco è il colore che rappresenta l'eccellenza della luce, ma non simboleggia l'azione. Infatti, il bianco è legato alla luce e al colore del sole non a quella del fuoco che invece rappresenta la volontà di agire da parte dell'uomo.
Pertanto le strisce rosse, le creste e i barbigli vermigli presenti sulle due figure zoomorfe locali in tale contesto sottolineano slancio, forza di volontà e forza vitale. In termini temporali, il colore rosso è presente.Il rosso è complementare al verde e le strisce verdi sono indicatori della conservazione e della difesa. Il verde esprime fermezza e costanza; è il colore della natura, del rinnovamento e della fertilità.
Il giallo, invece, simboleggia il sole e la spiritualità. E' il colore che indirizza al futuro tentando di liberare i problemi e la contrarietà. Oltre alle strisce, viene utilizzato per dipingere il becco dei fischietti locali. Ed in ultimo il blu, colore della calma e della riflessione che esprime il senso di appartenenza e di fedeltà. Oltre alle strisce, viene utilizzato per dipingere gli occhi dei fischietti.
Ben distribuiti sui bianchi corpi del corvo e del gallo questi colori rinsaldano un armonioso equilibrio ed evidenziano ancora oggi quell'antica funzione magico-protettiva attribuita ai due fischietti, prima di diventare un giocattolo della cultura contadina, o pegno amoroso.
Il suono prodotto allontana gli spiriti malvagi e le forze negative ed è di buon presagio perché come il figulo, anno dopo anno, rigenera questi due fischietti bitonali con la sua ottima perizia, così il lavoratore della terra spera nella rinascita di questa affinché porti copiosi frutti. Ed infine, sul suono generato dal cola cola ho chiesto e ottenuto dal concittadino maestro di musica Angelo Squicciarino, alcuni suoi appunti sull'argomento che fedelmente trascrivo. Il valente maestro, tra l'altro, così elabora e propone :
Attraverso una mia indagine sul territorio in cui vivo ho potuto conoscere centinaia di cola-cola e la mia curiosità mi ha spinto oltre, approfondendo la sua parte sonora, costruita da mani esperte, ma una diversa dall'altra perché prodotta manualmente con materiale povero del territorio, e quindi l'importanza che questo fischietto, attraverso piccoli fori suonasse. Con la sua forma conica allungata (ispirandosi ad un uccello della zona) è stato costruito sempre allo stesso modo con un foro laterale, foro per il soffio frontale ed uno superiore per la fuoriuscita di aria e suono.
La cola-cola ha un suono ovattato, gradevole all'orecchio, assomiglia molto ad un richiamo, insomma unico tra centinaia di fischietti e strumenti della zona. Posso affermare che un cola-cola con una cassa di risonanza dalla circonferenza esterna di un diametro di cm. 8 ed una lunghezza di 16/17 centimetri produce un suono ben intonato dall'accordatore risultando DO simile alla frequenza del DO centrale di un pianoforte. Quindi se si costruissero con misure calibrate di un centimetro in più sia in diametro che in lunghezza, si otterrebbero dei semitoni cromatici ( la cosiddetta scala dei semitoni). Questo strumento si potrebbe perfezionare, senza però perdere la sua originalità e senza cambiare il suo aspetto particolare, con fori laterali da poter eseguire canzonette e tarantelle della nostra città, come i nostri pastori suonavano i flautini fatti di canna...